Oltre il buio

 

UNA COSA  colpisce al cuore leggendo la

sezione del Vangelo di Marco riguardante

la passione: la totale, assoluta,

disarmante solitudine di Gesù. In Marco la

passione è la più tragica possibile. Gesù si

muove in mezzo a una serie di figure che

sono quasi esclusivamente ostili.

Chi non lo capisce; chi non ne vuole

sapere; chi lo vede come un intrigo o

un impiccio; chi vuole eliminarlo; chi lo

deride; chi si accanisce; chi si sfoga; chi si

vendica di chissà quali torti subiti; chi lo

tradisce; chi lo rinnega; chi lo calunnia. I

suoi apostoli e discepoli si erano rarefatti,

erano scomparsi, nascosti. Qualcuno

aveva spinto la mano dei carnefici,

qualcun altro aveva espressamente

dichiarato che non aveva niente a che

spartire con lui. Dal processo al momento

della morte scompaiono totalmente

dalla scena della passione. Ricompaiono

alla fine, ma solo perché si fanno scudo

dietro a Giuseppe di Arimatea, membro

autorevole del sinedrio, o perché sono

incoraggiati dall’esempio di Maria e

delle altre donne ai piedi della croce,

incuranti del pericolo. I potenti presenti

in queste pagine sono talmente lontani

dal capire quello che sta succedendo che

sembra quasi siano due scene diverse e

distinte quelle a cui stiamo assistendo.

Non vedono Gesù, non ascoltano le sue

parole. Vedono la loro rabbia, la loro

gelosia, la loro invidia. Magari Pilato

ha anche tentato di capire qualcosa, in

fondo più capiva di quel popolo meglio

era per lui che doveva in qualche modo

governarlo, ma non si è impegnato più di

tanto e dopo poco ha preferito desistere

anche lui, sprecando l’occasione di far

parlare ancora per qualche istante Gesù.

La folla anonima si è trasformata in una

banda di giustizieri senza cuore. Le folle

di solito erano interessate e affascinate

da Gesù, almeno fino a che ci si poteva

guadagnare da mangiare o la guarigione

dei malati. Adesso che sarebbe stato

il momento di ringraziare prestando

testimonianza, anche queste si dileguano

e lasciano posto a folle di giustizieri che

chiedono sangue.

 

L’unica persona che pare alleviargli

per qualche istante la sofferenza è il

Cireneo, che costretto porta un po’

la croce insieme a lui, ma anche lui è

costretto. Altrimenti per avere un po’ di

compassione, un po’ di pietà, dobbiamo

aspettare che Gesù muoia. Allora,

attorno al suo cadavere si muove un po’

di comprensione. Il centurione rimane

colpito dalla morte e professa la sua

fede; le donne e Giuseppe di Arimatea

pensano al corpo morto di Gesù. Appare

ancora più sconvolgente il fatto che il

mondo sembra prestare più attenzione a

quello che sta capitando a Gesù dei suoi

stessi. Infatti il mondo vede e comprende

e non riesce a far finta di niente. A un

certo punto durante la crocifissione il sole

viene a mancare, a sottolineare che le

ombre, le tenebre si erano impossessate

della scena; il velo del tempio viene a

squarciarsi, anche qui evidenziando con

potenza che lo stacco con quel mondo

impassibile era un dato di fatto oramai

assodato. Infatti l’unica persona che

sembra finalmente tirare le fila di tutta

la storia di Gesù raccontata fino a lì nel

Vangelo di Marco è il centurione che

commenta alla morte di Gesù di avere

assistito veramente alla morte del figlio

di Dio. Il centurione non era ebreo, era

pagano, era uno dei romani che stavano

occupando e violando quella nazione

e quel popolo. Però anche lui, come il

cosmo, non riesce a fare l’indifferente.

 

Se dessimo queste pagine a uno

che non conosce nulla di Gesù non

riuscirebbe in alcun modo a trovarci

niente della grandezza di quest’uomo.

Non c’è nessun segno della sua autorità,

delle sue parole che incantavano le

masse, dei suoi gesti che portavano gioia

e serenità, dei suoi insegnamenti che

sembravano provenire direttamente da

Dio. Niente di niente! Come non ci sono

segni della gloria futura, di quello che

sta per capitare. La vita di Gesù qui è

         assolutamente simile alle nostre quando

ci troviamo nella disperazione più cupa,

quando la felicità del passato ci sembra

un ricordo senza più colori, in bianco

e nero, illusorio, e quando la speranza

nel futuro ci sembra un’inutile perdita di

tempo, una proiezione senza sostanza.

Questa scena di Marco descrive però

bene la potenza di Dio proprio per questo,

ricordandoci che Gesù Cristo non è solo

questo! C’è stato qualcosa prima e c’è

stato qualcosa anche dopo.

 

Le tenebre che si impossessano della

scena vogliono convincerci di questo, del

fatto che le nostre vite possono ridursi

al macabro spettacolo cui assistiamo in

questa descrizione. Quando nelle nostre

vite sentiamo solo questo dobbiamo

ricordarci che c’è stato anche per noi

qualcosa prima, e ci sarà anche per

noi qualcosa dopo. Non dobbiamo

commettere lo stesso errore dei sacerdoti

che vogliono che Gesù scenda dalla croce

Greco - Cristo in croce, 1610 (qui sopra); Spoliazione di Cristo, 1575/1578 (sopra).

e si salvi. Dio non perde potenza perché

non lo fa! Finché continuiamo a pensare

che Dio è onnipotente (e basta!) allora

non sopporteremo che il Crocifisso sia

Figlio di Dio. Quando invece cominciamo

a capire che Dio è amore, e questo

amore è dono di sé, allora restiamo in

ginocchio senza parole di fronte al fatto

che è rimasto sulla croce, perché questa

sua scelta è la dimostrazione più alta

della sua potenza. Gesù, Dio, usa la sua

potenza per amare, per salvare, non per

dare spettacolo. Questo è il motivo per

cui il centurione può vedere meglio degli

altri quello che è capitato. Certo che lui

non intendeva dire “figlio di Dio” come lo

intendiamo noi, però ha riconosciuto un

uomo totalmente affidato a Dio, molto più

degli altri che aveva davanti, anche quelli

che stavano operando espressamente

per conto di quel Dio.

 

Missione Cattolica ltaliana

Ulm / Neu-Ulm

 

VENERDì SANTO

 

PROCESSIONE - VIA CRUCIS

KARFREITAGSPÌOZESSION

 

Era quasi l'ora sesta, quando si fece

buio su tutta la terra fino all'ora nona,

essendosi eclissato il sole.

Il velo del tempio si squarciò a metà.

E Gesù gridando a gran voce, disse:

“Padre, nelle tue mani raccomando il

mio spirito”. Detto questo spirò."(Lc. 23,44)

 

"Es war etwa um die sechste Stunde, als

eine Finsternis über das ganze Land hereinbrach.

Sie dauerte bis zur neunten

Stunde: Die Sonne verdunkelte sich. Der

Vorhand im Tempel riß  mitten entzwei,

und Jesus rief laut: „Vater, in deine Hände

lege ìch meinen Geist“. Nach diesen Worten

hauchte er den Geist aus." (Lk 23,44)

 

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